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La Chiesa di San Francesco

di Arcangelo Bellissimo

Il monastero di San Francesco, come si evince dal De Origine Seraphicae Religionis Franciscane del Gonzaga o dagli Annales Minorum seu Trium Ordinum a S. F. istitutorum del Wadding, fu eretto verso il 1435 nell’anno V del pontificato di Eugenio IV, e dalla tradizione risulta che il fondatore fu S. Bernardino da Siena. La primitiva chiesa era di forma quadrata a tre navate in stile gotico, con l’entrata a livello dell’antico prato, ma nel 1554 subì il primo intervento architettonico che la ridusse a una navata per permettere al convento di impiantarsi addosso alla chiesa, ed attaccarla al campanile.

Per il rifacimento, le sole offerte della popolazione non bastarono, si narra che intervennero i Signori feudatari dell’epoca, come i Villamarino, i Sanseverino e i De Cardona. Nel ricostruire il tempio, si pensò di far l’entrata preceduta da alcuni gradini, allo scopo di realizzare nella chiesa delle fosse tombali. Nel 1750 Carlo III di Borbone, grande sovrano illuminato, comprò il monastero da parte dei fratelli Solimena, e la nomina a Guardiano del Monastero dei frati Minori del Frate Padre Simeone da Paduli, furono eventi di grande rilevanza religiosa, artistica e sociale per il Comune di Altavilla di Principato Citra; infatti tutte le parrocchie del comune compreso il monastero di S.Francesco, furono arricchite di pregevoli quadri di pittori della scuola del Solimena.

Nel 1806 un decreto a firma di Giuseppe Bonaparte, soppresse gli ordini religiosi nel Regno. La chiesa e il Monastero di S. Francesco, furono risparmiati dalla chiusura perché l’Intendente della provincia di Principato Citra, signor Blanc de Volx, sostenne che i religiosidel convento servivano gli abitanti del real bosco di Persano e perché la fabbrica era una delle più antiche e magnifiche. Il monastero di Altavilla, accolse i Frati Minori dei soppressi Conventi di Laurino, Polla, S. Angelo a Fasanella e S. Nicola di Salerno. Dopo la restaurazione del 1815, i Conventi soppressi furono riaperti e i Frati vi fecero ritorno.

Il 7 luglio 1866 con l’Unità d’Italia fu emanata una legge firmata da Vittorio Emanuele II, con la quale furono aboliti tutti gli ordini religiosi e i beni trasferiti al Demanio. Il monastero così fu occupato dalla “Guardia Nazionale”, che arrecò molti danni imbrattando una parte artisticamente affrescata. Solo la chiesa si salvò, perché affidata al monaco francescano officiante Padre Alberto da Pisciotta (ex Minore), che provvedeva al culto ed alle feste di S. Antonio e S. Francesco.

La chiesa venne chiusa nel 1893, dopo la lapidazione sulla strada dei Franci (oggi Via Roma) dell’ultimo francescano, Padre Raffaele Barra, e veniva aperta al culto solo per le feste di S. Antonio e S. Francesco. Successivamente chiesa, monastero e terreno circostante passarono allo Stato, che a sua volta li affidò nel 1929 al vescovo di Vallo della Lucania Mons. Francesco Cammarota, che poi lo cedette ai Padri Vocazionisti di don Giustino Russolillo.

Nel 1947-48 la chiesa venne ristrutturata a seguito degli eventi bellici esternamente con un nuovo intonaco e inserito un nuovo corpo di fabbrica, destinato alle Suore e per scopi abitativi. Scomparvero le pietre tombali e il vecchio pavimento di ceramica; oggi sotto l’attuale pavimento sono ancora conservate le antiche tombe e la cripta con le ossa dei frati. (notizie storiche tratte da: A. A. Ferrara, Cenni storici su Altavilla Silentina, 1898, pp. 68-69; G. Galardi R. Messone, Altavilla Silentina profilo storico, monumentale e paesaggistico, 1987, pp. 49-50; P.T. Olivieri, la Chiesa di San Francesco Piccola Santa Croce di Altavilla Silentina, 2003, pp. 7-8)

Descrizione del convento e della chiesa di San Francesco

L’edificio è situato ad occidente a circa 500m dal castello e dalla piazza centrale del paese. Da lì, si gode l’intera distesa di monti, fiumi e la piana del Sele. Da un’ampia scala si accede al vestibolo, sorretto da due massicce colonne in muratura che presentano due ampie arcate; sotto l’atrio, dal soffitto a volta crociata, a sinistra sono eretti i due portali: della chiesa e del chiostro. Nelle pietre del portone di quest’ultimo è scolpito: ”DE I NOMINE TUO SALVU ME FAC 1554”, cioè “Domine in momine tuo salvum me fac” (Signore nel Tuo nome salvami).

Salendo due scalini ed attraversando un portale rinascimentale i cui stipiti marmorei sono sostenuti da due leoni in bassorilievo, si entra nella chiesa ad una sola navata, di stile barocco lunga 26.90m, larga 8.30m ed alta 11m. Entrando, vi sono due acquasantiere di travertino con bassorilievi, a sinistra una porta ad arco immette nei due settori della cappella della SS. Concezione.

Nel primo settore a destra, c’è una nicchia datata 1726 con la statuetta della Madonna di Medjugorje, e a sinistra la nicchia con dentro la statua del Sacro Cuore di Gesù; nel secondo settore, una cupoletta realizzata con ottimi stucchi, sovrasta due finestre che danno luce alla cappella. Nella parte centrale, risalta la nicchia con la statua di S. Antonio che viene portata in processione di casa in casa in occasione della festa del Santo il 13 giugno, e al di sopra di questi, c’è lo stemma dell’abate di S. Egidio (tre torri in campo azzurro, con una croce sulla torre centrale, ed una stella su ogni torre laterale).

Sotto la nicchia con la statua di S. Antonio, vi era un altare di pietra e stucchi del 1757 (tolto nel 1947) e detto della S.S. Concezione perché lì si trovava la statua dell’Immacolata concezione opera dello scultore Paolo Annollo, fatta nel 1797. In questo settore, sono conservati i due coperchi tombali del 1766 con la scritta “IUS PATRONATUS MAGN.cae UNIV.tis A.D. 1766”.

La chiesa ha sette altari. Sulla parete destra, una nicchia raccoglie l’antica statua del patriarca S. Giuseppe (già patrono di Altavilla dal 1729 al 1796) con in braccio il Bambino; segue l'altare con la statua di legno nella nicchia di S. Bonaventura. Il secondo altare, in marmo, con angeli alle estremità, e tabernacolo riccamente cesellato, è detto di S. Teresa e porta la data 1772, nella nicchia si trova la pala attribuita al pittore Gabriele Solimena, che raffigura S. Chiara assorta ad ascoltare la voce di S. Francesco. Questo altare simmetrico ed uguale a quello di S. Francesco porta scolpito nell’elemento basale un medaglione con la testa di S. Teresa e la data 1782. Dietro la nicchia, risalente al 1400, è possibile ammirare un affresco raffigurante secondo gli esperti S. Margherita da Cortona (vedi pag. 91), il tutto ritrovato mentre si procedeva alla restaurazione della nicchia. In seguito vi è l'altare detto di S. Antonio fatto di marmi pregiati nel 1859, con nella nicchia la statua di S. Antonio da Padova in legno indorato, con nella mano destra il Bambino e nella sinistra , ilgiglio di argento con sei piccioli globi. La statua, di autore sconosciuto, fu regalata alla chiesa dal notaio Altavillese Carlo Corrente nel 1680.

Dopo la balaustra, in una nicchia è collocata la statua di Maria con Gesù Bambino. Sulla parete sinistra il primo altare detto di S. Giuseppe, con statua di legno nella nicchia di S. Pietro di Alcantara, porta nell’elemento basale la scritta “A SPESE DEL CONVENTO E DELLA POPOLAZIONE 1859”. Il secondo altare, detto di S. Francesco, è di marmo ben rifinito, con testa di angelo ai lati; nella nicchia si trova una pala raffigurante S. Francesco, attribuita al pittore Francesco Solimena; alla base è disposto in bassorilievo lo stemma dei Minori Osservanti francescani, e la data del 1782.

La tela unica per bellezza e fattura, raffigura il santo genuflesso, virile nella maestà, ed entusiasta nell’indicare la croce. Lo sguardo penetrante del Santo segue chi lo contempla, e il pallore nel volto contrasta quello degli angeli.

Il terzo altare, in marmo pregiato è detto di S. Rosa e fu fatto nel 1859. Oggi nella nicchia c’è la statua lignea di S. Pasquale Bajlon.

Dopo la balaustra, v’è il pulpito in legno di noce con l’emblema in oro con sopra una corona, ed il corrispondente Crocefisso.

L’altare maggiore, è preceduto da una balaustra di marmo disegnata dal Vanvitelli e donata dal re di Napoli al Convento di Altavilla nel 1763, poggiato su un lungo scalino di marmo bianco in mezzo del quale vi è l’ingresso per mezzo di due portelline di ottone lavorato.

Sotto l’arco grande, al centro della chiesa sorge l’altare maggiore opera di marmorai napoletani con marmi policromi in cui sono stati incastonate pietre colorate e madreperle, donato alla chiesa dal re Carlo VII di Borbone. In cornu epistolae , su di un piedistallo, c’è una grossa Croce, opera settecentesca di autore ignoto.

Dietro l’altare maggiore c’è il coro, con il soffitto a volta, e nell’abside una nicchia con stucchi accoglie la statua di S. Francesco. Su questa nicchia c’è una scritta che dice:”DOM. S.P.N. S. FRAN. D.D. MDCCXXXXVI”. Al di sotto della nicchia, c’è il coro, composto da ben diciannove sedili di legno di pigna tutto intagliato, scorniciato, e colorato a noce con l’appoggio davanti al primo; poi i1 sedile inferiore con in mezzo un quadrato e uno stipo per chiudervi la leggenda delle ore canoni­che, e su di esso un lanternino.

Dall’ingresso della Chiesa sino al descritto Altare Maggiore, sono collocate tra le pilastrate, al di sotto del cornicione a stucco, quattor­dici quadri indicante il percorso doloroso di Gesù Cristo (via Crucis). Da sopra al cornicione ad Oriente esistono quattro vetrate sostenute in mezzo da croci in ferro, di rimpetto ad esse, altrettante vetrate a muro, con sfondi chiusi senza ferro, ne vetri. Al di sotto del soffitto ed attorno alle pareti, dal cornu epistolae al cornu evangeli, vi sono affrescati a grandezza naturale i dodici apostoli con il proprio emblema risalenti al 1606. Questo scenario viene racchiuso con lo splendido soffitto in arco ribassato, realizzato nel 1761 dal Solimene e raffigurante scene del Vangelo, con tavole di pino finemente dipinte. Al suo centro, fino al 1960, conservava una bella tela raffigurante la Trinità, opera di Francesco Solimena; oggi al centro si trova una tela risalente al 700 Napoletano, di autore ignoto, raffigurante Gesù deposto dalla croce tra le braccia di Maria, con le pie donne alla sua destra, e una corona di angioletti al di sopra della croce, il tutto circondato d’arabeschi e fiorami maestrevolmente dipinte.

Al di sopra della porta maggiore vi è l’organo, opera del celebre Caselli di Vallo di Novi, datato 1755 grandioso, sonoro e tutto dorato. Ad oggi, molte canne dell’organo sono mancanti perchè asportate durante la guerra 1940-43.

Da una porta sulla sinistra dietro l’altare maggiore, si entra nella sacrestia, grande locale illuminato da due finestre. Nel suo centro c’è ancora oggi una fossa tombale del 1767 dei fratelli Rosario, Franco e Giuseppe Peduto.

Sulla sinistra uno stretto passaggio porta ad un locale di accesso al pulpito. Da questo locale attraverso una scala di legno, si accede ad un altro locale attiguo alla chiesa di modeste dimensioni. Osservando attentamene il locale ci si accorge che la sua parete, era una navata della primitiva chiesa in stile gotico. Dall’atrio, e tramite un portale di granito del 1554 si accede al chiostro a parallelogramma fatto di sedici pilastri che hanno incorporato le vecchie colonne sorreggenti gli archi del sovrastante convento, con al cento una cisterna settecentesca e alcune piante. Le pareti erano un tempo decorate di buone pitture, rappresentanti miracoli dei Santi dell’ordine, ma oggi sono ricoperte di calce. Nei corridoi a pian terreno vi sono stanze adibite a magazzini: il corridoio a destra immette nel refettorio, nella dispensa e in una piccola cella; a sinistra, nella cucina e in tre stanze per il deposito della legna. Al dormitorio si sale per la scala grande centrale e per un’altra segreta. Nel piano superiore quattro corridoi girano intorno e danno ingresso a quindici celle, oltre alla foresteria, l’infermeria e un piccolo locale abitato dal padre guardiano. Al primo piano del chiostro, una scala immette al campanile, a due ripiani e terminante con una cupola, che ha conservato fino al 1946 una campana del 1592. Si racconta che questa campana avesse un suono particolare e suggestivo da attirare in quelle zone il pirata barbaresco Biserta, al quale si deve il nome dell’omonima contrada.

 

Galleria Fotografica:

 

La chiesa

Le statue

La processione

Le pietre tombali

Le campane del '500